mag222020

TFM: deducibilità senza limitazioni.

Secondo la giurisprudenza maggioritaria, l’indennità di fine mandato (TFM) corrisposta a favore degli amministratori, pur essendo sostanzialmente assimilabile all’indennità di fine rapporto prevista per i lavoratori dipendenti, è un costo deducibile nell’ammontare senza i limiti posti dalla normativa civilistica e fiscale per il trattamento di fine rapporto dei lavoratori subordinati. (Ctr Lombardia 864 e 3749 del 2018, Ctp Lecco 164 del 2017, Ctr Veneto 196 del 2016 e Ctr Lazio 25 del 2012.)
La giurisprudenza minoritaria, al contrario, ha considerato indeducibile l’accantonamento al fondo TFM ritenendo analogicamente applicabile il limite di deducibilità previsto per l’accantonamento al fondo TFR di lavoro dipendente disciplinato dall’articolo 2120 c.c. (Ctr Lombardia 3795/2019 e 1823/2016; Ctp Treviso 268/2018, Ctr Lazio 4375/2018 e Ctr Campania 10730/2015.)
Si tratta tuttavia di accantonamenti regolati, civilisticamente e fiscalmente, in modo del tutto autonomo e distinto.
Invero, il trattamento di fine mandato per gli amministratori, diversamente da quello di fine rapporto, non è disciplinato da nessuna norma specifica, avendo natura pattizia.
Di conseguenza, (1) esso non ha una misura massima fiscalmente ammissibile e (2) dev’essere applicato un criterio di congruità e di ragionevolezza, in relazione alla specifica realtà della società.
L'Amministrazione finanziaria non ha il poter di valutare la congruità dei compensi corrisposti agli amministratori; invero, essendo tali somme deducibili come costi, la spettanza e la deducibilità degli emolumenti a favore degli amministratori è determinata dal consenso che si forma tra le parti.
In tal senso, l'indennità di fine mandato è sostanzialmente assimilabile all'indennità di fine rapporto prevista per i lavoratori dipendenti.
Tuttavia – come evidenziato – mentre per quest'ultima, sia l'art. 2120 c.c., sia l'art. 105, commi 1 e 2, D.P.R. n. 917/1986 disciplinano e limitano la quota annuale di accantonamento deducibile, stabilendo che l'entità di tale trattamento si calcoli sull'importo della retribuzione annua diviso per 13,5, per il TFM non esiste alcuna norma di riferimento.
Di conseguenza non vi è limitazione all'ammontare.
Sulla questione si è autorevolmente espressa la CTR Lombardia che ha ribadito i seguenti principi: “Il trattamento di fine mandato, diversamente dal trattamento di fine rapporto, “non è disciplinato da nessuna norma specifica, avendo natura pattizia, e ad esso, come anche per la parte non differita dei compensi degli amministratori, risulta dunque applicabile semplicemente il criterio di congruità e di ragionevolezza che si fonda sulla misura proporzionale ai compensi annualmente corrisposti. Tanto premesso, si deve qui ribadire che il legislatore non ha posto un tetto massimo di deducibilità dell’accantonamento periodico al fondo Tfm e, tanto meno, ha disposto che l’accantonamento di cui si discute debba essere limitato al valore fisso convenzionale pari al numero di mensilità (13,5) a cui i lavoratori subordinati hanno diritto. Tale orientamento trova conferma anche nella risoluzione n. 124/E del 13.10.2017 emessa dall’Agenzia delle Entrate, dove si afferma che l’ammontare del Tfm è determinato secondo criteri di ragionevolezza e congruità rispetto alla realtà economica dell’impresa. Non è da ritenersi sindacabile la deduzione di un accantonamento che non sia eccessivo e sproporzionato con riguardo alla realtà specifica dell’azienda, quando questo risulti, come nel caso in esame, conseguente ad una delibera assembleare presa secondo criteri di ragionevolezza e congruità, a nulla rilevando il riferimento alle specifiche norme adottate dal legislatore per il rapporto di lavoro subordinato”. (CTR Milano sent. n. 5280/18/2018 del 03.12.2018. In senso conforme si veda la recentissima CTR Milano sez. XXII, 04/10/2019, n. 3795)
Tale orientamento era già stato espresso dalla stessa CTR Milano: “L’amministrazione finanziaria non ha il potere di valutare la congruità dei compensi corrisposti come Tfm agli amministratori di società di persone. Tali somme sono deducibili come costi, sicché deve concludersi che nel sistema attuale la spettanza e la deducibilità degli emolumenti a favore degli amministratori è determinata dal consenso che si forma tra le parti o nell’ambito dell’ente sul punto, senza che all’ufficio sia riconosciuto un potere specifico di valutazione di congruità. Giustappunto, l’indennità di fine mandato è sostanzialmente assimilabile all’indennità di fine rapporto prevista per i lavoratori dipendenti; tuttavia, mentre per il Tfr, sia il codice civile, (articolo 2120) sia la normativa fiscale (articolo 105 Tuir, commi 1 e 2) disciplinano e limitano la quota annuale di accantonamento deducibile, stabilendo che l’entità di tale trattamento si calcoli sull’importo della retribuzione annua diviso per 13,5, per il Tfm, invece, non esiste alcuna norma di riferimento. Pertanto, non vi è limitazione all’ammontare”. (CTR Milano, sent. n. 3749/16/2018 dell’11.09.2018)
Anche la recentissima giurisprudenza di legittimità, pronunciandosi sulla congruità dell’importo stabilito per il TFM, ha affermato che la deducibilità del trattamento di fine mandato per gli amministratori non è soggetta a limitazioni predeterminate. (Cass. pen. sent. 28171 del 27 giugno 2019)
Per quanto concerne la deduzione per cd. competenza o per cd. cassa si segnala quanto segue.
In proposito, la Corte di Cassazione ha affermato che “Le aziende possono decidere di corrispondere agli amministratori, al termine del loro mandato, una indennità definita “trattamento di fine mandato”, quale compenso aggiuntivo a quello ordinario stabilito dallo statuto sociale ovvero dall’assemblea dei soci e lasciato alla libera contrattazione delle parti. […] In base al combinato disposto degli articoli 105 e 17, del Tuir il regime di deducibilità adottato per i costi in argomento è pertanto quello di competenza sempre che il diritto al Tfm risulti da atto scritto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto; solo in tale evenienza in ciascun esercizio sono deducibili le quote maturate a favore dei singoli amministratori e accantonate nell’apposito fondo, indipendentemente dal fatto che la loro manifestazione finanziaria avverrà solo in un momento successivo. In caso contrario è estesa anche al Tfm l’applicazione del principio di cassa disposto dall’articolo 95, comma 5, Tuir, per i compensi spettanti agli amministratori, e gli accantonamenti in esame sono deducibili dal reddito d’impresa nel periodo d’imposta in cui avviene il pagamento. Le indennità per il trattamento di fine mandato (Tfm) hanno, quindi, per quanto rileva nel presente giudizio, un diverso trattamento fiscale a seconda che le stesse risultino o meno da atto scritto avente data certa anteriore alla data di inizio del rapporto”. (Cass. Civ. sent n. 26431 del 19.10.2018)
Sul punto, si rileva che la stessa Amministrazione finanziaria, con la Risoluzione 13 ottobre 2017, n.124/E , ha stabilito che: ”Gli accantonamenti al fondo per il TFM sono quindi fiscalmente deducibili in base al principio di competenza, prescindendo dal momento in cui l’indennità̀ sia effettivamente pagata.
Va rammentato, tuttavia, che, per effetto del rinvio all’articolo 17, comma 1, lettera c), del TUIR, la deducibilità̀ dell’accantonamento per TFM è legata alla condizione che il diritto all’indennità̀ risulti da un “atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto”.
In caso contrario, la deduzione del relativo costo avverrà nell’anno di effettiva erogazione dell’indennità medesima (cfr. risoluzione n. 211/E del 22 maggio 2008).”
Pertanto, in applicazione della suesposta disciplina gli accantonamenti al fondo TFM sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell’esercizio in conformità agli accordi contrattuali conclusi tra le parti (se risultanti da atto scritto avente data certa anteriore alla data di inizio del rapporto), in quanto non esistono disposizioni legislative che regolino le modalità di determinazione di tale indennità o che prevedano limiti alla relativa deducibilità.


dott.ssa Sofia Grimaldi

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