apr152019

Diffamazione: il diritto di critica deve essere supportato da un fatto "vero" – Cass. Pen. V sez., 7340/19

In tema di diffamazione, ai fini del riconoscimento del diritto di critica occorre distinguere, come anche precisato dalla giurisprudenza della Cedu, tra i "fatti" su cui si esercita la critica e i "giudizi di valore" in cui si sostanza l'opinione critica.
“In riferimento agli enunciati limiti, la Corte EDU ha, in varie pronunce, sviluppato il principio inerente la verità del fatto narrato per ritenere giustificabile la divulgazione lesiva dell'onore e della reputazione: ed ha declinato l'argomento in una duplice prospettiva, distinguendo tra dichiarazioni relative a fatti e dichiarazioni che contengano un giudizio di valore, sottolineando come anche in quest'ultimo sia comunque sempre contenuto un nucleo fattuale che deve essere sia veritiero che oggettivamente sufficiente per permettere di trarvi il giudizio, versandosi, altrimenti, in affermazione offensiva eccessiva, non scriminabile perche' assolutamente priva di fondamento o di concreti riferimenti fattuali.”
Così la sezione V penale della Cassazione con la sentenza n. 7340 del 2019.
Secondo la Suprema Corte: “Nel quadro cosi' sommariamente delineato, ove il giudice pervenga, attraverso l'esame globale del contesto espositivo, a qualificare quest'ultimo come prevalentemente valutativo, i limiti dell'esimente sono costituiti dalla rilevanza sociale dell'argomento e dalla correttezza di espressione (Sez. 5, n. 2247 del 02/07/2004, Rv. 231269; Sez. 1, n. 23805 del 10/06/2005, Rv. 231764).
Il limite immanente all'esercizio del diritto di critica e', pertanto, costituito dal fatto che la questione trattata sia di interesse pubblico e che, comunque, non si trascenda in gratuiti attacchi personali (Sez. 5, n. 8824 del 01/12/2010, Rv. 250218; Sez. 5, n. 38448 del 25/09/2001, Rv. 219998).”
È costante orientamento giurisprudenziale quello secondo cui, in tema di diffamazione, condizioni indispensabili per il corretto esercizio del diritto di critica sono:
a) La verità del fatto attribuito: anche nell’esercizio di critica deve essere rispettato il requisito della verità con riferimento al suo presupposto fattuale.
b) L’interesse pubblico alla conoscenza dei fatti: il limite immanente all'esercizio del diritto di critica e', pertanto, costituito dal fatto che la questione trattata sia di interesse pubblico e che, comunque, non si trascenda in gratuiti attacchi personali (Sez. 5, n. 8824 del 01/12/2010, Rv. 250218; Sez. 5, n. 38448 del 25/09/2001, Rv. 219998).
c) La continenza: necessario ai fini del legittimo esercizio del diritto di critica, si deve tenere conto del complessivo contesto dialettico in cui si realizza la condotta e verificare se i toni utilizzati dall'agente, pur aspri e forti, non siano gravemente infamanti e gratuiti, ma siano, invece, comunque pertinenti al tema in discussione (Sez. 5, n.4853 del 18/11/2016 - dep.2017 Rv. 269093, N. 13735 del 2006 Rv. 233986, N. 48712 del 2014 Rv. 261489, N. 5695 del 2015 Rv. 262531, N. 7244 del 2015 Rv. 267137, N. 7715 del 2015 Rv. 264064, N. 4298 del 2016 Rv. 266026, N. 37397 del 2016 Rv. 267866, N. 41414 del 2016 Rv. 267865).

Diffamazione: il diritto di critica deve essere supportato da un fatto "vero" – Cass. Pen. V sez., 7340/19

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